lunedì 9 marzo 2015

PATRIMONIO PERDUTO .

"Un sottile filo rosso collega le distruzioni talebane dei Budda di Bamiyan nel 2001 alle ultime devastazioni dei siti archeologici in Siria e Iraq da parte di Isis. E’ la lettura estremista dell’Islam da parte di una piccola minoranza di jihadisti, forti del loro fanatismo e del collasso dello Stato nei luoghi ove questi riescono a prosperare. Ultimamente lo abbiamo osservato crescere con manifestazioni simili contro i bassorilievi buddisti nella valle dello Swat pakistano; tra le statue ellenistiche decapitate nel museo di Kabul a copia quasi esatta di quelle distrutte nel museo di Mosul pochi giorni fa; negli antichi papiri di Timbuktu bruciati dai qaedisti africani, proprio come i falò dei libri non islamici nel piazzale della biblioteca di Mosul

I vandalismi più sistematici, pianificati sotto la spinta di una precisa ideologia, sono stati però sui siti archeologici dell’antica «Mezzaluna Fertile»: Ninive, Hatra, Nimrud. Isis ha voluto lo scempio, divulgandolo poi a tutto il mondo grazie alla facilità con cui accede e manipola i social network. «Il fenomeno non è nuovo nella storia. La tentazione della violenza iconoclasta è ricorrente. E in genere caratterizza i periodi bui: i roghi nazisti dei libri, i vandalismi della Rivoluzione Culturale cinese. Ma non solo. Nei monoteismi questa tentazione è particolarmente forte: penso alla furia bizantina contro le icone nel Settimo secolo. Nell’Islam è immanente, continua a fasi alterne sin da Maometto. Nel cristianesimo latino ci volle Sant’Agostino per inculcare l’accettazione e il rispetto delle vestigia pagane», sostiene Franco D’Agostino, archeologo, docente all’Università di Roma, impegnato negli scavi nella zona di Ur, presso Nassiriya. Con una differenza però: «L’accanimento di Isis è unico. Denuncia la debolezza dei suoi fautori, avvertono il passato come una minaccia, vogliono cancellarlo». 
Ai vandalismi ideologici si aggiungono quelli dovuti al collasso dell’autorità pubblica e al fiorire del mercato nero dei reperti. Così fu per il saccheggio del museo di Bagdad nel 2003, sotto il naso delle truppe Usa. Avvenne con la «primavera araba» in Egitto, dove i tombaroli si gettarono senza limiti sulle tombe faraoniche lasciate incustodite. Continua in Siria, tra le «città dei morti», i siti bizantini a sud di Aleppo. Qui la furia dei combattimenti ha devastato l’antica moschea Omayyade e la cittadella medioevale. Più a sud è stato bombardato Krak dei Cavalieri, uno dei castelli meglio preservati dell’epoca crociata. Archeologi di tutto il mondo stanno monitorando con i satelliti la Siria. All’Onu hanno segnalato 290 siti: 24 distrutti, 189 danneggiati gravi e 77 da verificare. Che ne è stato di Ebla e le sue tavolette cuneiformi? Nessuno può fornire risposte. Come del resto cresce l’inquietudine per i siti greco-romani in Libia: Cirene, Sabratha, Leptis Magna, Gadames. Già sappiamo che i commercianti di reperti vi operano indisturbati. Ma ora la diffusione di Isis accresce i timori. "
Fonte : corriere.it

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