sabato 12 dicembre 2015

A TUTELA DEI DEBOLI

Nel giorno in cui viene posta la parola fine sul processo relativo all'omicidio di Chiara Poggi e viene condannato in maniera definitiva Alberto Stasi a 16 anni di carcere , appare su"La Stampa" una interessante intervista rilasciata dal giudice Raffaele Guariniello il quale analizza in maniera perfetta il nostro appartato giudiziario .
Ho sempre apprezzato il lavoro svolto da quest'uomo , né sentii parlare per la prima volta 18 anni fa quando Zeman rilasciò quella famosa intervista dove parlava di farmacie e uffici finanziari nel calcio.
Da allora Guariniello è divenuto un punto di riferimento anche nelle indagini sulle malattie contratte in ambito sportivo .
Il nome del giudice torinese resta legato ai processi importanti  sui casi Stamina, Eternit e ThyssenKrupp , la sua storia parla anche di indagini sulle "morti bianche"e di tutela delle fasce deboli proprio sul posto di lavoro.
Nell'intervista che trovate qui sotto Guariniello parla della sua pensione anticipata  seppur di pochi giorni , della perdita della sua "squadra" e di entusiasmo .
Il giudice parla con una certa amarezza dell'apparato burocratico italiano che ormai vive più sull'apparire che sull'essere . 

Perché lasciare pochi giorni prima del previsto? Un gesto polemico?  
«Non intendo fruire di proroghe. È una cosa che non condivido. Il governo ha già tante difficoltà, perché creargliene altre? E avrei anticipato molto di più, se non dovessi concludere alcune indagini delicate - amianto, colpe professionali, malattie sul luogo di lavoro - perché sento un bisogno di futuro».  

E cosa c’è nel suo futuro?  
«Per carattere, ho bisogno di operare in un mondo in cui ci sia entusiasmo. Spero di trovarlo in altri contesti».  

Quali? Se lo chiedono tutti: cosa farà Guariniello dopo la pensione?  
«Mi sono state proposte alcune cose: ci devo pensare, devo ancora decidere. Ma ho bisogno per il futuro di stimoli che siano pari a quelli che ho avuto in passato in magistratura».  

Li ha persi?  
«Sto notando una giustizia in crisi, con difficoltà che portano a sfiducia e disaffezione, tra carenze di personale e di risorse».  

Sono problemi denunciati da molti anni: che cosa è cambiato adesso?  
«Le faccio un esempio. Ieri ho fatto un rinvio a giudizio per una malattia professionale: il processo è stato fissato al 2017. Non è colpa del tribunale, è che proprio non ci sono date disponibili prima. Abbiamo lavorato tanto per fare le indagini, gli interrogatori, le consulenze. Che fine farà ora questo processo? Ed è solo il primo grado. La prescrizione galoppa. E se un processo come quello sulla Thyssen, con indagini chiuse in pochissimi mesi, non è ancora arrivato a una sentenza definitiva, figuriamoci quelli che non hanno lo stesso rilievo mediatico. In Cassazione trovo continuamente sentenze che dicono che il reato c’è, ma è prescritto, anche nei settori delicati di cui mi occupo, la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro. Con dati impressionanti».  

Si riferisce ai numeri sugli infortuni sul lavoro?  
«Sì. Quest’anno, a fine ottobre, abbiamo avuto cento infortuni mortali in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, con un aumento del 14%. Eppure è un settore in cui abbiamo fatto tanto, siamo stati all’avanguardia, la procura di Torino è riconosciuta come una punta di diamante in quest’ambito».  

Allora che cos’è che non funziona?  
«Non è pensabile che un Paese in cui si fanno tutte queste leggi sulla sicurezza ci ritroviamo con questi numeri. Non funziona la pubblica amministrazione, che dovrebbe fare i controlli, e non funzionano nemmeno i processi penali. In questo modo si sviluppa l’idea che le regole ci sono, ma che si possono violare impunemente. In che modo aiutiamo i più deboli?». 

Sembrano parole di un uomo rassegnato, eppure lei parla di futuro: come si cambia la situazione?  
«É sulla prevenzione che bisogna lavorare, sulla vigilanza. Dobbiamo trovare questi strumenti ed estendere quelli che ci sono, come l’Osservatorio sui tumori professionali. E’ in questa direzione che bisogna andare. Serve più ordine e vitalità nei controlli. Servirebbe un’istituzione che operi su tutto il territorio nazionale. Guardi che non sto dicendo che sia questo il mio futuro…». 

(Fonte : lastampa.it). 

Per dovere di cronaca ricordo che Guariniello si definisce ironicamente "campione nazionale di mancata carriera dal 1969" , poiché si è occupato a lungo di argomenti ritenuti minori  dai suoi colleghi . 
Nessuno però prima di lui aveva indagato sulle morti bianche . 

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